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Poi Qualcuno

Poi Qualcuno
di Luciano Dolcini

Cortometraggio, durata 4' 52'', Italia, 2011.
B/N

Poi Qualcuno è un'ode. Poi Qualcuno è un'ode a Federico Fellini. Poi Qualcuno è un'ode al cinema.

Luciano Dolcini è uno straordinario fotografo: abile, esperto, intelligente. Tra le tante sue attività, da tempo si dedica a cogliere, con i suoi scatti, l'essenza più profonda in opere di artisti visuali. Con Poi Qualcuno si è dedicato alla Settima Arte e ad uno dei suoi più grandi esponenti, adoperando proprio la materia prima di cui è fatto il cinema: la fotografia. Materia a lui congeniale!

1. LATO DESTRO - PASSIONE

Sono foto d'archivio in cui si vede un Fellini, all'apice del suo splendore, in alcune fasi e pause di lavorazione. Si vedono alcune sue splendide muse (Anouk Aimée, Anita Ekberg, Sandra Milo) e alcuni tra i più fedeli compagni di viaggio (Gianni Di Venanzo, Marcello Mastroianni, Ennio Flaiano). Non sono solo foto tradizionali in uno splendido bianco e nero. Egli vi ha soffiato dentro e le ha animate! Non vi è dubbio che, con questo gesto, volesse omaggiare gli inventori del Cinématographe, oltre che il Nostro; in esergo troviamo frasi dal piglio biblico, attribuite a Louis Lumiere.

Con queste foto piene di poesia, l'autore ha cercato di rievocare tutto l'incanto, lo stupore, la maraviglia di un bambino di fronte ad un mondo fantastico. Ha cercato di rievocare le emozioni provate dai primi testimoni di fronte al prodigio delle immagini in movimento: Il cinema delle origini; il cinema della attrazioni! In questo lo aiutano la musica di Roberto Molinelli con i suoi cori “angelici” disposti su un tappeto di suoni scintillanti, con il suo canto affidato prima al bandoneon e poi alla viola; e la voce fuori campo di Cristian Della Chiara, sempre calma e piana, ma allo stesso tempo profonda e piena di pathos.

2. LATO SINISTRO - RAZIONALITÀ


L'opera mantiene anche il contatto col mondo reale, fatto di invenzioni, di tecnologie, di implementazioni. E' dunque qui che scorgiamo la strizzatina d'occhio di Dolcini alla preistoria del cinema con i vari Muybridge e le sue foto seriali; con i vari Reynaud e il suo prassinoscopio. Era, quella, un'epoca mitica fatta di invenzioni strabilianti e di personaggi leggendari. Nelle tecnologie del cinema contemporaneo, invece, non c'è tensione, non c'è sforzo. Tutto è molto freddo e controllato. Ci sono solo tonnellate di Green Screen, di CGI, di 3D.


Questo piccolo corto, saggiamente, mette in rilievo che il cinema è anche industria, che ancora dà lavoro (per fortuna) a tante persone. Questa volta non lo fa con le immagini, bensì attraverso il logos. Infatti la voce fuori campo citerà, sia pure con modi e toni alquanto lirici, una serie organica nella filiera produttiva e distributiva: dai macchinisti all'operatore di camera al montatore; dai distributori agli esercenti e finalmente al pubblico. Rilevante il fatto che in questo lungo elenco il regista assuma una posizione di primus inter pares (“E poi qualcuno ha pur dovuto riprendere quel film.”), a sottolineare la complessità e la natura cooperativa dell'opera cinematografica.

3. CENTRO - VITA


Poi Qualcuno è anche un inno alla vita, proprio quando sembra negarla con un atto di evasione infantile (“... perché, talvolta, un film è più bello della vita.”); e qui riecheggiano le parole che François Truffaut fa dire al regista Ferrand in Effetto notte: “Non fare il cretino, Alphonse: sei un bravissimo attore, il lavoro va a gonfie vele. Lo so, c'è la vita privata, ma la vita privata zoppica per tutti. I film sono più armoniosi della vita, Alphonse: non ci sono intoppi nei film, non ci sono rallentamenti. I film vanno avanti come i treni, capisci? Come i treni nella notte.”


Sorprendentemente, alla fine del corto abbiamo proprio la voce del Maestro: “Ecco, il film dovrebbe finire qui, anzi, è finito! Mi sembra di sentire la voce di un mio antico produttore: 'Ma come!? Finisce così... senza un filo di speranza... un raggio di sole... ma dammi almeno un raggio di sole' [...]”
Dolcini, proprio nel finale, approfittando di questa garbata metafora, ci ricorda qual è la materia prima di cui è fatta la fotografia, che è anche la materia prima della vita: la luce.

Donato DI PASQUALE © 2012

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